Claude CORRADO
NOTIFICATO ANGIOLILLO ARCUCCIO (attivo a Napoli, notizie dal 1464 al 1492)
Polittico raffigurante la Madonna in trono col Bambino, due santi, Dio Padre e l‘Annunciazione
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NOTIFICATO ANGIOLILLO ARCUCCIO (attivo a Napoli, notizie dal 1464 al 1492)
Polittico raffigurante la Madonna in trono col Bambino, due santi, Dio Padre e l‘Annunciazione
Tempera e oro su pannelli di pioppo (restauri, cadute, difetti e ridorature) 230 x 185 cm (complessivi) Iscritto in alto vicino all’angelo annunciante : A G P (Ave Gratia Plena) Iscrizione sulla base del pannello centrale : HOC OPUS FECIT FIERI PRO BENFICIUS (sic) ANS GABRIEL / MINUTOLUS EIUS FILIUM MIHIEL (sic) ADNI (sic) MCDXXXXVIII Cornice di stile gotico dipinta e dorata (mancanze) ANGIOLILLO ARCUCCIO (actif à Naples, de 1464 à 1492) Polyptyque représentant la Vierge à l’Enfant intronisée, deux saints, Dieu le Père et l’Annonciation. Tempera et or sur panneaux de peuplier (restaurations, chutes de couleur, défauts et redoré) 230 x 185 cm (au total) Inscription en haut près de l’ange de l’Annonciation : A G P (Ave Gratia Plena) Inscription sur la base du panneau central : HOC OPUS FECIT FIERI PRO BENFICIUS (sic) ANS GABRIEL / MINUTOLUS EIUS FILIUM MIHIEL (sic) ADNI (sic) MCDXXXXVIII Cadre peint et doré de style gothique (manques) Provenienza / Provenance : - Probabilmente Famiglia Minutolo, Napoli - Rinaldo Schreiber, Brescia Perizia del Professor Puerari, Cremona (come anonimo) Si ringrazia il Professor Pierluigi Leone de Castris d'aver confermato l'attribuzione dell'opera sulla base della fotografia in alta risoluzione. Nous remercions le professeur Pierluigi Leone de Castris d'avoir confirmé l'attribution de l'œuvre sur la base de la photographie en haute définition Il polittico qui presentato è un’opera di notevole importanza e sin qui ancora del tutto ignota del pittore meridionale Angelo (o Angiolillo) Arcuccio. Acquistato nel 1964 da Rinaldo Schreiber e conservato nei decenni successivi nell’attuale collezione cremonese, fu fatto oggetto di una perizia del Professor Alfredo Puerari che lo attrobuiva a un anonimo pittore, avvicinandolo tuttavia correttamente al polittico riferito dal Causa e da altri all’Arcuccio della chiesa napoletana di San Domenico Maggiore. Ignorato dalla scarna bibliografia successiva sull’Arcuccio, il dipinto in esame è però riferito alla mano dell’Arcuccio in una fotografia dei soli tre pannelli principali (cartone n° 420461) conservata nell’Archivio Fotografico del Kunsthistorisches Institut di Firenze, dove se ne riposta una provenienza da tal Boccardi di Roma e dalla Galleria L’Antonina, sempre di Roma, ed è stato poi citato e parzialmente pubblicato, come opera della maturità dell’artista, nella monografia di M. Ruggiero, Angelo Arcuccio. Pittura e miniatura a Napoli nel ‘400, Sorrento 2014, pp. 35-35, fig. 12, 42-43, fig. 21, dov’è indicato per l’appunto presso una collezione privata di Roma e come raffigurante la Vergine tra i santi Michele Arcangelo e Gabriele. In effetti, il rapporto con il trittico con la Madonna in trona che allatta il Bambino, san Giovanni Battista e sant’Antonio Abate (e nelle cimase l’Eterno Padre, l’Angelo annunciante e l’Annunciata) è palese e determinante per confermare l’attribuzione, cosìcome quello con gli altri polittici della chiesa pure napoletana di Santa Maria la Nova o della collegiata di Somma Vesuviana e quello con la Madonna di Loreto passata sul mercato e oggi conservata nel Museo della Santa Casa di Loreto. L’attribuzione ad Arcuccio non presenta dunque particolarmente problemi e, sotto l’aspetto della cultura figurativa il polittico in esame rivela le medesime caratteristiche – proprie di tutte le opere di questo pittore – di forte dipendenza dall’arte valenziana a Napoli negli anni del regno di Alfonso d’Aragona (1442-1458) e del figlio Ferrante (1459-1492), in particolare grazie alla figura del pittore di corte Jacomart Baço e forse del suo « socio » Joan Reixach. La questione si fa invece più complessa per quanto concerne la datazione del dipinto. Si conosce infatti di Arcuccio una sola opera firmata e datata, il San Sebastiano del Duomo e or adel Museo Diocesano di Aversa, ma la data che vi si legge, 1468, sebbene sia stata ritenuta attendibile dagli studi più recenti, è stata già in passato considerata con molto sospetto dalla critica, che ritiene la pala un’opera più tarda, laddove il guastissimo trittico con l’Incoronazione della Vergine e santi già nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Giugliano, che reca la data 1478, è oggi considerato opera di bottega o di un seguace, e i documenti del 1471 e del 1483 per opere da lui realizzate in San Domenico Maggiore a Napoli e nella chiesa dell’Annunciata a Sant’Agata dei Goti sono allo stato attuale ritenuti in realtà non corrispondenti alle opere di Arcuccio che ancor oggi si trovano in queste chiese. Entro questa condizione di incertezza sulla cronologia dell’artista, il polittico Schreiber, così come quello già citato di San Domenico Maggiore, sembra essere un’opera della sua prima maturità, probabilmente non molto distante da quell’anno 1471 in cui - come s’è detto – al pittore veniva commissionata una tavola « cum figuris Sancte Maria de Gratia cum purgatorio et ab uno latere Sancta Agatha et ab alio Sancta Lucia » per la cappella dell’umanista Antonio Beccadelli, detto il Panormita, per l’appunto in San Domenico Maggiore. Il trono rappresenta infatti un’architettura ancora fortemente condizionata da quella estrosa e flamboyant praticata dagli scultori e architetti catalani, valenziani e maiorchini che lavoravano in gran numero nelle fabbriche volute dai sovrani aragonesi a cavallo tra gli anni di Alfonso e quelli di Ferrante ; laddove già nella Madonna della misericordia dello stesso Museo Diocesano di Aversa, compagna del citato San Sebastiano creduto del 1468, nella Madonna di Loreto e nel polittico di Somma Vesuviana questa struttura si complica (o invece si semplifica) in una chiave più monumentale, classica e di Rinascimento « italiano ». La datazione agli anni Settanta del Quattrocento e la stessa attribuzione dell’opera ad Angiolillo Arcuccio non si sposano in ogni caso con la data 1438 che si legge iscritta nella parte bassa del pannello centrale, e che è per altro incompatibile anche con la cultura di marca valenzana che caratterizza il polittico in esame, introdotta a Napoli a partire dagli anni successivi alla conquista e all’ingresso in città di Alfonso d’Aragona, nel 1442-43. È dunque facile immaginare, pur in assenza di indagini diagnostiche precise, che essa sia frutto di un intervento di restauro ; il che spiegherebbe la forma utilizzata nell’iscrizione e difforme dalle consuetudini locali, che prediligono in genere per la data o i caratteri arabi, come nel San Sebastiano di Aversa, o la formula MCCCC per indicare il 1400. Alla luce anche di ciòche trapela dalla citata foto anteriore al 1964 conservata nell’Archivio Fotografico del Kunsthistorisches Institut di Firenze, dove dell’iscrizione in calce al pannello centrale del polittico si legge soltanto una parte del rigo superiore (« HOC O[PU]S…FICIUS…GABRIEL ») occorre capire se l’ipotizzato restauro della scritta abbia interessato anche il nome della famiglia di committenti, e cioè dei Minutolo, e dei suoi esponenti qui citati, Angelo Gabriele e Michele. Quella dei Minutolo è, tra le famiglie napoletane, una tra quelle di più antica origine. I volumi delle memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d’Italia di Berardo Candida Gonzaga (Napoli 1878-82, V, 104-110) riportano che : « Veggonsi Monumentidella famiglia Minutolo in Napoli nelle chiese de’ Girolamini, di S. Maria Maggiore, di S. Patrizia, di S. Caterina a Formello, nel Duomo nella rinomata cappella Minutolo, nella Chiesa della Congrega dell’Oratorio, ed in Messina nell’Ospizio ». In nessuna di queste chiese, tuttavia, le guide e le fonti antiche napoletane menzionano un polittico di questo tipo, e, sebbene i due Arcangeli Michele e Gabriele siano effettivamente presenti tra i soggetti raffigurati nei pannelli del polittico, negli alberi genealogici della famiglia Minutolo non si trovano notizie di un Gabriele (o Angelo Gabriele) e di un Michele viventi nella seconda metà del Quattrocento. L’abito semplice e scuro, con un semplice colletto stretto al collo e una sopravveste corta sopra le ginocchia, indicano che il committente dové comunque essere un laico ; e la foggia stessa del vestito conferma una datazione in età aragonese. Pierluigi Leone de Castris Le polyptyque présenté ici est une œuvre importante et jusqu’à présent totalement inconnue du peintre méridional Angelo (ou Angiolillo) Arcuccio. Acheté de l’antiquaire Rinaldo Schreiber en 1964 et conservé dans l’actuelle collection crémonaise au cours des décennies suivantes, il a fait l’objet d’une expertise par le professeur Alfredo Puerari, qui l’avait attribué à un peintre anonyme, mais correctement rapproché du polyptyque attribué par Causa et d’autres à Arcuccio dans l’église napolitaine de San Domenico Maggiore. Ignoré par la maigre bibliographie ultérieure sur Arcuccio, notre tableau est cependant référencé à la main d’Arcuccio dans une photographie des seuls trois panneaux principaux (dessin n° 420461) conservée dans les Archives photographiques du Kunsthistorisches Institut de Florence, où elle proviendrait d’un certain Boccardi à Rome et de la Galleria L’Antonina, également à Rome. Il a été ensuite cité et partiellement publiée, en tant qu’œuvre de la maturité de l’artiste, dans la monographie de M. Ruggiero, Angelo Arcuccio. Pittura e miniatura a Napoli nel ‘400, Sorrento 2014, pp. 35-35, fig. 12, 42-43, fig. 21, indiqué comme conservé dans une collection privée à Rome et représentant la Vierge entre les saints Michel Archange et Gabriel. En effet, la relation avec le triptyque représentant la Vierge allaitant l’Enfant, saint Jean-Baptiste et saint Antoine Abbé (et dans les cimaises le Père éternel, l’Ange annonciateur et l’Annonciation) est claire et décisive pour confirmer l’attribution, tout comme la relation avec les autres polyptyques de l’église napolitaine de Santa Maria la Nova ou de la collégiale de Somma Vesuviana et la Vierge de Lorette, qui est passée sur le marché et se trouve aujourd’hui au Musée de la Sainte Maison de Lorette. L’attribution à Arcuccio ne pose donc pas de problème particulier et, du point de vue de la culture figurative, le polyptyque examiné présente les mêmes caractéristiques - typiques de toutes les œuvres de ce peintre - d’une forte dépendance de l’art valencien à Naples sous le règne d’Alphonse d’Aragon (1442-1458) et de son fils Ferrante (1459- 1492), en particulier grâce à la figure du peintre de cour Jacomart Baço et peut-être de son «associé» Joan Reixach. La question devient plus complexe en ce qui concerne la datation du tableau. En effet, on ne connaît qu’une seule œuvre signée et datée par Arcuccio, le Saint Sébastien de la cathédrale, aujourd’hui conservé au musée diocésain d’Aversa, mais la date qui y figure, 1468, bien que jugée fiable par les études les plus récentes, a été considérée par le passé avec beaucoup de suspicion par les critiques, qui considèrent le retable comme une œuvre postérieure, alors que le très mauvais triptyque du Couronnement de la Vierge et des Saints qui se trouve déjà dans l’église de Santa Maria delle Grazie à Giugliano, portant la date de 1478, est aujourd’hui considéré comme l’œuvre d’un atelier ou d’un suiveur, et les documents datés de 1471 et 1483 pour des œuvres d’Arcuccio à San Domenico Maggiore à Naples et dans l’église de l’Annunciata à Sant’Agata dei Goti sont actuellement considérés comme sans rapport avec les œuvres d’Arcuccio que l’on trouve encore aujourd’hui dans ces églises. Dans cet état d’incertitude concernant la chronologie de l’artiste, le polyptyque Schreiber, comme celui déjà mentionné à San Domenico Maggiore, semble être une œuvre de sa première maturité, probablement proche de cette année 1471 où - comme nous l’avons déjà indiqué - le peintre fut chargé de peindre un panneau «cum figuris Sancte Maria de Gratia cum purgatorio et ab uno latere Sancta Agatha et ab alio Sancta Lucia» pour la chapelle de l’humaniste Antonio Beccadelli, connue sous le nom de Panormita, à San Domenico Maggiore. Le trône représente en effet une architecture encore fortement influencée par l’architecture fantaisiste et flamboyante pratiquée par les sculpteurs et architectes catalans, valenciens et majorquins qui ont travaillé en grand nombre dans les édifices commandés par les souverains aragonais entre les années d’Alphonse et celles de Ferrante ; Alors que la Madone de la Miséricorde du même musée diocésain d’Aversa, proche du Saint Sébastien susmentionné, date de 1468, la Madone de Lorette et le polyptyque de Somma Vesuviana compliquent (ou simplifient) cette structure en lui donnant une tonalité plus monumentale, plus classique et plus «Renaissance italienne». La datation des années 1470 et l’attribution de l’œuvre à Angiolillo Arcuccio ne s’accordent en tout cas pas avec la date de 1438 inscrite sur la partie inférieure du panneau central, qui est également incompatible avec la culture valencienne qui caractérise le polyptyque en question, introduite à Naples dans les années qui suivirent la conquête et l’entrée dans la ville d’Alfonso d’Aragona en 1442-43. Il est donc facile d’imaginer, même en l’absence de diagnostics précis, qu’il s’agit d’une restauration, ce qui expliquerait la forme de l’inscription, différente des usages locaux qui préfèrent généralement les caractères arabes pour la date, comme dans le San Sebastiano d’Aversa, ou la formule MCCCC pour indiquer l’année 1400. À la lumière de la photo d›avant 1964 mentionnée ci-dessus, conservée dans les Archives photographiques du Kunsthistorisches Institut de Florence, où l›on ne peut lire qu›une partie de la ligne supérieure de l›inscription au bas du panneau central du polyptyque («HOC O[PU]S...FICIUS...GABRIEL»), il est nécessaire de comprendre si la restauration supposée de l›inscription a également affecté le nom de la famille commanditaire, c›est-à-dire les Minutolo et leurs membres mentionnés ici, Angelo Gabriele et Michele. Parmi les familles napolitaines, les Minutolo sont l›une des plus anciennes. Les volumes des mémoires des familles nobles des provinces méridionales de l›Italie de Berardo Candida Gonzaga (Naples 1878-82, V, 104-110) rapportent que : «Les monuments de la famille Minutolo peuvent être vus à Naples dans les églises de Girolamini, S. Maria Maggiore, S. Patrizia, S. Caterina a Formello, dans la cathédrale dans la célèbre chapelle Minutolo, dans l›église de la Congrega dell›Oratorio, et à Messine dans l›Ospizio». Dans aucune de ces églises, cependant, les guides et les anciennes sources napolitaines ne mentionnent un polyptyque de ce type et, bien que les deux archanges Michel et Gabriel soient effectivement présents parmi les sujets représentés dans les panneaux du polyptyque, les arbres généalogiques des Minutolo ne mentionnent pas de Gabriel (ou Ange Gabriel) et de Michel vivant dans la seconde moitié du XVe siècle. Le vêtement simple et sombre, avec un simple col serré autour du cou et un court surcot au-dessus des genoux, indique que le commanditaire devait de toute façon être un laïc ; et le style même du vêtement confirme une datation à l’époque aragonaise. Pierluigi Leone de CastrisVente terminée
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